Media planner, Media Traders, Media Manager e chiunque operi nel mondo della pubblicità deve conoscere tutti i metodi di compravendita di spazi media, sia quelli tradizionali che quelli introdotti dal programmatic advertising.
In questa terza e ultima puntata della serie di 3 articoli c’è una risorsa essenziale per tutti i professionisti del media e dalla pubblicità: lo schema di negoziazione. Contattami per ricevere la versione da stampare e attaccare vicino la tua scrivania e una descrizione approfondita. Se ti sei perso/a le precedenti puntate, clicca qui per rileggere la serie completa.
Nella prima puntata, hai imparato a interpretare le colonne della tabella di compravendita media qui sopra. Nella seconda puntata abbiamo definito i dettagli del modello reservation, il programmatic guaranteed e il preferred deal. Oggi parliamo di PMP o private market place che completa la serie di negoziazioni in asta privata e introduciamo l’asta aperta in RTB anche definita openRTB.
Private Marketplace, PMP
Memorizza bene questo acronimo, il PMP (Private marketplace) perché sono sicuro che ti capita spesso o ti capiterà spesso di sentirlo. Forse il metodo di negoziazione più diffuso in programmatic. Il PMP è il re dei deal del programmatic.
Presenta molteplici benefici per l’inserzionista, a partire dall’opportunità di comprare pacchetti di spazi pubblicitari che presenta l’editore/concessionaria nell’ad exchange. A tali pacchetti possono accedervi tutti i buyers che hanno un invito, ecco perché si parla di partecipazione one to few, ovvero l’invito a pochi buyers. L’invito consiste in un deal ID, preimpostato dall’editore e fornito ai clienti inserzionisti che hanno interesse a comprare quegli specifici pacchetti di inventario. È come un invito ad un’asta privata. Il buyer vi accede impostando nella sua DSP il deal ID fornito dall’editore, così che può comprare gli spazi. La differenza con gli altri deal in programmatic è molteplice. In primo luogo, più buyers posseggono lo stesso deal ID, e questo significa che per comprare uno spazio, i buyers devono competere nell’ad exchange. In secondo luogo, l’ad exchange non fornisce garanzie né di prezzo, né di impressions pre impostate, ma avviene tutto in tempo reale. La concessionaria nell’impostare un deal ID nel PMP inserisce il floorprice, ovvero il prezzo minimo di partenza dell’asta, che avviene in RTB. La logica di vincita è solitamente la second highest price, ovvero il vincitore dell’asta è il buyer che offre di più per comprare l’impression, ma la paga il secondo prezzo più alto dell’asta. Tieni presente che sempre più ad exchanges utilizzano il modello di first price auction sostituito al modello di second highest price.
OpenRTB, asta aperta
L’openRTB, o asta aperta è il motore pulsante della pubblicità in tempo reale, da dove è cominciato il programmatic. In questo modello di compravendita, è definito il massimo che uno specialista di programmatic possa desiderare, perché consente di adoperare le piattaforme tecnologiche a pieno regime e con tutti gli strumenti che forniscono.
In questo modello i prezzi vengono definiti dalle offerte nel mercato aperto (asta aperta), dove tutti i buyers hanno l’occasione di comprare spazi nell’ad exchange dell’editore. La logica dominante è la regola del secondo prezzo più alto + 1 centesimo di dollaro US, chiamato second highest bid+1 cent. Come nel PMP, alcuni ad exchanges stanno passando al modello di prezzo della first price auction. Focalizziamoci ora sul modello di asta aperta in sé, l’editore ha una serie di strumenti di tutela di accesso, come i prezzi minimi d’asta e blacklist e whitelist. La blacklist tutela l’editore bloccando buyers indesiderati o che per qualsiasi altro motivo non possono comprare inventario. Ad esempio, un editore ha una serie di strumenti che gli permettono di decidere di bloccare le pubblicità violente o quelle più “piccanti” per tutelare gli stessi utenti che fruiscono del contenuto. Non solo gli editori, ma anche gli inserzionisti possono decidere di evitare di comprare in determinati siti o properties, utilizzando gli strumenti di blocklist nella DSP. Ad esempio, un buyer potrebbe non voler erogare le pubblicità su siti “piccanti” oppure su siti con contenuti politici di estremisti oppure, semplicemente, il buyer non vuole apparire sulla stessa pagina dove è presente un brand competitor. Le opzioni di blacklisting sono disponibili direttamente in DSP per il buyer e in SSP per l’editore, così come le opzioni di whitelisting. Al contrario della blacklisting, che segue la logica “tutti tranne gli esclusi”, la whitelist ragiona su “escludere tutti tranne alcuni”. Ad esempio, nell’impostare una campagna sulla DSP, il buyer ha la facoltà di scegliere i soli siti o network o ad exchanges dove erogare la pubblicità ed escludere tutti gli altri. Ovviamente la delivery di impressions, budget e gli stessi prezzi non sono garantiti, ma decisi in tempo reale in base alle offerte che riceve ogni singola impression in ad exchnage.
Ora che conosci i dettagli di tutti i metodi di compravendita di spazi media, puoi scegliere in base alle esigenze del caso, quale modello fa per te. Come spesso accade, il modo migliore per acquisire dimestichezza è fare esperienza e provarli sul campo!
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